palazzo carrozzini

Nella città antica, palazzo Carrozzini è una delle ultime architetture di Manieri Elia, maggiore esponente del barocco leccese fine 700. L’incuria e l’abbandono hanno portato al deterioramento dell’ala aggiunta in stile, nei primi del 900, prospiciente la chiesa di S. Chiara. Un restauro lapideo delle facciate con tecniche e mezzi tradizionali e la sostituzione dei solai in putrelle di ferro, parzialmente crollati, hanno suggerito il tema della casa nella casa, individuando uno spazio nuovo rispetto alla distribuzione originaria, ma in armonia con l’intera fabbrica. Pietra locale, rame e lastricati in graniglia uniti a travi ipe, acciaio e vetro, indicano la volontà di denunciare il limite tra la fabbrica e il nuovo, in un sottile equilibrio tra tradizione e innovazione. Un gioco di piani intermedi sospesi e squarciati da tagli di luce, pavimenti trasparenti in vetro, favoriscono la lettura del contenitore storico e del nuovo contenuto, in un unico spazio fortemente caratterizzato e caratterizzante, che rispecchia le esigenze funzionali della committenza. Al piano terreno sono stati recuperati i locali voltati e portate alla luce le vecchie cantine, con i suggestivi paramenti murari di epoca tardo romano, e ospitano, oggi, una libreria e una sala espositiva. I sotterranei si sviluppano alternando un ampio ambiente a spazi minori. Il grande spazio è alleggerito dal “peso” del palazzo sovrastante grazie all’inserimento di un pavimento in vetro: un inaspettato lucernario sotterraneo, che crea un effetto di profondità e luminosità. Con lo stesso principio, al piano nobile è stato inserito un piano intermedio, un doppio volume, completamente trasparente, che si affaccia su se stesso e sulla piazza antistante attraverso le due grandi finestre angolari. Una parete rossa inquadra in un unico specchio l’emozione del barocco della chiesa di S. Chiara, colonne e fastigi che si rispecchiano sui vetri e sul pavimento in acciaio del soppalco in una continua atmosfera di luci e di ombre.
Committente Gruppo Foresta
Direzione lavori Francesco Foresta
Collaborazione Massimo Dell’Anna architetto, Lorena Sambati architetto
Ubicazione Lecce
Fotografia Alberto Muciaccia

HOTEL DHR

Hotel sito in Via Torino, Roma – La progettazione parte dalla completa trasformazione del piano primo di Palazzo Nathan, partimonio architettonico della città di Roma. In precedenza clinica privata, l’intero immobile è stato adeguato alla nuova destinazione d’uso di albergo. Lo schema progettuale adottato per ogni camera prevede l’individuazione di una fascia centrale che avvolge tutto l’ambiente tramite i ricorsi della struttura del letto e fasce di separazione lungo il pavimento. Stesso discorso cromatico è stato fatto per la Hall e il disimpegno in modo tale da inquadrare percorsi e fughe prospettiche. L’esaltazione della storia parte dalla scelta di riportare la muratura originaria a facciavista e dal posizionamento di bassorilievi prospettici.
Photo Credits: STEFANO PINCI
Progetto pubblicato su Homify Fausto Di Rocco
Progetto pubblicato su Architettura italiana

Studio di Architettura

Milano – 2009
per Il Prisma – Milano
L’obiettivo del progetto era di creare un ambiente che fosse da un lato stimolante per gli impiegati, dall’altro lato capace di sorprendere e meravigliare i visitatori ed i clienti esterni, dimostrando loro “dal vivo” l’abilità dello Studio nel creare ambienti e spazi decisamente fuori dall’ordinario. Il progetto si sviluppa su due piani; al piano primo sono stati concentrati gli ambienti di lavoro, organizzati in open space e supportati da alcuni luoghi specifici, di notevole impatto visivo, deputati all’incontro, allo svago e al relax e attorno ai quali si articola l’intero “scenario” architettonico.Al secondo piano sono invece collocate le sale riunioni e l’area break per il personale, in un’atmosfera decisamente più formale ma resa comunque vivace dalla presenza vistosamente scenografica della pensilina a sbalzo posta all’arrivo della scale, sulla cui parete frontale trova posto anche un grande giardino verticale, che accentua l’effetto di sorpresa in chi proviene dal piano inferiore.

Photo by Patrick Acheson